27ott 2020
PERCHÉ IL DCPM CON LE CHIUSURE IMPOSTE È INIQUO
Articolo di: Fabiano Guatteri

La nostra testata si occupa di food & bevarage e non di altro. Ciò per dire che questo articolo è scritto a titolo personale e non vuole rappresentare la linea del giornale.

 

La scorsa primavera il lockdown fu totale o quasi. Non ci furono rilevanti contestazioni, anche perché si aveva la coscienza che era il solo modo se non di fermare, quantomeno di rallentare la pandemia, abbassare l’rt, ossia l’indice di contagio. L’Italia, per una volta, è stata esemplare, un modello da seguire, nonostante le perplessità inziali e le immunità di gregge vagheggiate altrove.

 

Milano, ma suppongo anche altre città, era deserta, poche persone sui mezzi pubblici, poche automobili, strade vuote e il virus, visto che cammina grazie alle nostre gambe, non circolava più, o sempre di meno: non aveva gambe per camminare, l’ rt crollò e i reparti di terapia intensiva solo poco prima sovraffollati cominciarono a chiudere.

 

Con le riaperture tardo primaverili (molte imprese non riaprirono, e tra queste alcuni ristoranti) molte realtà investirono per porre la propria utenza in sicurezza, tutti avevamo voglia di ripresa, chi addirittura sentendosi in regola con le nuove norme assumeva personale. L’economia, però, lo sappiamo, era ancora in sofferenza perché i numeri, in quasi tutte le attività, non erano quelli dell’anno prima. Con l’autunno la pandemia è tornata a preoccupare e a prescindere dalle valutazioni che si possono esprimere, a prescindere dai contagi, i malati in terapia intensiva hanno ripreso a crescere e questo è un dato di fatto. Una fonte sanitaria ha recentemente spiegato che se si tolgono medici dai reparti perché il numero dei malati da Covid cresce, si muore di altre malattie come quelle cardiache, e di tutte quelle che spesso richiedono interventi urgenti e tempestivi che con il Covid che impera non si possono garantire. Successe la primavera scorsa, mentre ora è già morto qualcuno in fila al pronto soccorso.

 

A prescindere dai comportamenti tenuti nell’estate, veniamo a oggi. Con il decreto si è voluto evitare un lockdown totale, ma per alcuni la chiusura è arrivata. La Milano diurna non è cambiata, traffico, mezzi affollati, tanta gente affaccendata e suppongo sia così in numerose città. Ma alcuni settori sono chiusi o “semiaperti” come i bar e i ristoranti che con la chiusura alle 18 (se si voleva togliere la movida notturna c’erano altri mezzi), viene meno la parte produttiva della giornata, quella rispettivamente degli aperitivi e delle cene: in altre parole con l’orario così ridotto non si campa.

 

Ma non solo questi, perché anche i cinema, i teatri, le palestre, nonostante si siano adeguati a sempre più rigidi e talvolta onerosi protocolli di sicurezza, hanno dovuto chiudere anche se non c’era nessuna rilevanza che fossero luoghi di contagio. Invece i centri commerciali, i tantissimi negozi e posti di lavoro che non rientrano nell’indispensabilità dell’industria, del commercio e dei servizi, al contrario degli alimentari e della sanità, sono rimasti aperti. Sono rimasti aperti nonostante che questi sì siano luoghi di contagio e pertanto i mezzi pubblici sono sempre affollati, altro luogo certo di contagio.

 

E tutto ciò cosa significa, che c’è stato un simillockdown che ha posto discriminazioni e come hanno sostento numerosi virologi, lasciando aperti i luoghi di contagio (e chiudendo altri che non sono tali), i sacrifici di chi ha dovuto chiudere parzialmente o totalmente serviranno a poco.

 

Per cui se i bar e i ristoranti falliranno, se le palestre non riapriranno, se il mondo dello spettacolo è alla fame, qual è il vantaggio che possa giustificare tutto questo? Tutto questo per cosa? Non si evince. Ciò spiega le manifestazioni di piazza per protestate, e mi riferisco unicamente a quelle delle parti in causa. Ciò per dire che uno sforzo estremo e breve l’avremmo accettato con maggiore serenità perché avrebbe dato risultati mentre lo stato attuale dell’arte lascia innescati troppi focolai. Come i centri commerciali aperti la domenica dove il distanziamento “all’italiana” con le mascherine scadute e con il naso scoperto farà il resto. Ciò mi porta a ritenere che questo decreto sia iniquo.

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Photo 1 :  Jeyaratnam Caniceus da Pixabay 
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