05nov 2022
JOANNA MIRO: COME PROMUOVE IL VINO ITALIANO CON IL TASTE SUMMIT
Articolo di: Fabiano Guatteri

Si è tenuto a Milano l’Italian Taste Summit, l’evento che promuove l’internazionalizzazione del vino italiano, con un fitto calendario di appuntamenti tra cantine e buyer. Si tratta di incontri finalizzati all’analisi delle performance del vino italiano negli ultimi anni e aperti a potenziali scambi e approfondimenti in ottica commerciale estera.

Nel corso dell’evento abbiamo incontrato Joanna Miro (foto 1), CEO di Wine Global Aspect e fondatrice e presidente di Italian Taste Summit.

 

Joanna Miro è una donna manager, o meglio, una markingr manager. Le abbiamo chiesto cosa comporti esserlo nel campo vinicolo: “è quella capacità di saper ottimizzare tutti i processi che un’azienda vitivinicola mette in atto al fine di aumentare i suoi fatturati. Per esempio possiamo individuare una delle azioni nell'adeguamnto delle linee prodotte alla risposta del mercato, sia per quanto riguarda i prezzi,  sia per il carattere specifico dei vini, che avrebbe modulato sul target del consumtore desiderato. Altro esempio di strategia lo troviamo nella scelta dei mercati opportuni cui operare in base all'evoluzione commerciale dell'azienda stessa. Insomma, le azioni di ottimizzazione sono infinite, ma si declinano sempre per l'identità di una cantina e gli obiettivi che essa vuole raggiungere.

 

L'identitarietà appunto è quanto più prezioso possa essere e l'ho appreso ancora agli inizi del mio percorso professionale nel mondo del vino durante il periodo di collaborazione con la Masciarelli Winery. nella scelta dei mercati opportuni cui operare in base all'evoluzione commerciale dell'azienda stessa. Insomma, le azioni di ottimizzazione sono infinite, ma si declinano sempre per l'identità di una cantina e gli obiettivi che essa vuole raggiungere. L'identitarietà appunto è quanto più prezioso possa essere e l'ho appreso ancora agli inizi del mio percorso professionale nel mondo del vino durante il periodo di collaborazione con la Masciarelli Winery. Qui il mio operare si è impregnato nel concetto di terroir, del suo heritage e di rurality chic quale valore vincente e sicuramente incomparabile a favore del Made in Italy vitivinicolo. Spesso viene riportato il dato che vede l'Italia quale numero due in termini di brand mondiale, io sostengo da sempre la sua egemonia da numero uno vista in ottica della percezione reale dei consumatori. Le ultime statistiche di vendita in export riportano il raggiungimento a fine anno pari a 14 miliardi di euro, con una crescita di 4 miliardi rispetto a quello precedente.

 

L'appeal sembra forte, ma si deve lavorare alacremente sulla percezione di valore visti i tempi non facili per tutti i mercati, che optano sui vini meno costosi.

 

E ora?

Ora, in questa fase bisogna ulteriormente implementare tutti gli sforzi per contrastare gli effetti della crisi energetica, della guerra economica e delle speculazioni varie che subiamo. Sono tantissime le cantine in difficoltà proprio per l'aumento dei costi di materie prime, specialmente le più piccole. Italian Taste Summit, nel suo piccolo, è una delle iniziative che da sempre mira alla crescita del vino italiano in termini di valore e dunque del prezzo di acquisto, in connubio a quella quantitativa derivante anche dall'ingresso sui mercati meno conosciuti e dunque alla acquisizione di nuovi spazi di vendita qualitativa.

 

La genesi dell’evento e le motivazioni

 

Per diversi anni abbiamo realizzato degli incooming; abbiamo guidato i buyer internazionali a conoscere le cantine di intere regioni e proprio lì abbiamo compreso che spesso arrivavano intenzionati ad acquistare determinati vini e ripartivano innamorati di altri. È basilare nel mio lavoro saper proporre e promuovere le realtà inizialmente non considerate dagli acquirenti. In qualche maniera, da anni, persino nelle vendite del reparto export del nostro gruppo WGA creiamo degli "educational" nei cross-selling e sponsorizziamo vini e territori meno conosciuti.

 

È la nostra vision e la esplichiamo su tutta la linea di operatività nella internazionalizzazione. Nell'Italian Taste Summit poi, si concentra ed esprime dal vivo concetto in questione: gli incontri tra produttori e importatori vengono preparati da me in base alle peculiarità sia della cantina partecipante che del buyer strategicamente più idoneo ad essa. Guido questi ultimi non solo per incontrare le aziende a loro note, ma anche quelle apparentemente a loro meno appetibili, sapendo a priori che esse possono rispondere pienamente alle esigenze.

 

Come definire il Italian Taste Summit

L'Italian Taste Summit potremmo definire scherzosamente una specie di speed dating tra cantine e importatori. Per poterlo mettere in pratica in maniera professionale mi avvalgo della mia azienda che opera in export. Pertanto, abbiamo una conoscenza ben approfondita della maggioranza dei territori esteri e dei player commerciali che vi operano. In questa sesta edizione dell’Italian Taste Summit per coinvolgere circa 70 importatori in sede dei b2b, abbiamo contattato e preselezionato tra circa 5-600 buyer. È un lavoro certosino e di impegno consistente, che può richiedere fino a 6 mesi di tempo e molte risorse umane.

La stampa

Il Summit coinvolge la critica internazionale e numerosi caporedattori delle principali riviste wine dal mondo. Spesso sono proprio loro i miei referenti più preziosi in merito all'andamento dei mercati di riferimento. Nella realtà dei fatti, i giornalisti di settore, i presidenti delle associazioni e i top sommelier sono i veri influencer, creano le tendenze di consumo. Tutte le aziende partecipanti all'ITS hanno opportunità di presentarsi agli incontri con la stampa e alle Masterclass specifiche, e possono così fornire le informazioni necessarie alla promozione e all'introduzione sui mercati desiderati. Anche gli spazi dei pranzi e della cena di gala sono pensati in ottica di promozione, seppur di stampo più conviviale, e prevedono la presenza esclusiva dei vini delle cantine partecipanti.

Il Metaverso

Si, è il tema caldo degli ultimi mesi, che abbiamo voluto affrontare e sviscerare durante il convegno del primo giorno insieme ai professori e professionisti che costituiscono il Comitato Tecnico Scientifico dell'Italian Taste Summit. Osservando le reazioni della società temo, che la maggioranza di noi non comprende la vera potenzialità del fenomeno, la quale passa in primis attraverso la realtà aumentata; quell'integrazione tra off e online o direttamente la sovrapposizione del mondo virtuale a quello reale.

 

Prendendo in considerazione il fatto che l'enoturismo è la porta d'ingresso per la crescita sia in valore quanto quella nominale dell'intero scomparto vitivinicolo italiano, e proiettandola nell'accessibilità virtuale di stampo esperienziale, che Metaverso promette, l'equazione e presto fatta e si traduce semplicemente in fatturato maggiore. Davide Gaeta, Professore di Economia dell'UniVerona  ha affermato durante la convention, che l'uso delle promo e vendite online porta all'aumento di queste ultime di 10% in scala annua.

 

C'è da immaginare il potenziale di business enorme, che può venire dalla interattività nel Metaverso. D'altro canto però, il Prof. Guido Di Fraia della IULM, che si occupa di Intelligenze Artificiali e Innovazione, ci amoniva dall'aver troppa fretta, ci intimava a essere attenti nella selezione delle crescenti proposte. Avv. del Diritto Vitivinicolo Saverio Biscaldi ci avvertiva sulle normative, che riguardano la protezione della privacy in questo mondo del domani prossimo. Rimane il fatto, come insegna il Prof. di Neuromarketing alla IULM Vincenzo Russo, che il percepito è sempre reale a prescindere se provenga dall' of od online, è il nostro cervello a decidere il connotato da attribuire. Così si apre una nuova era dove il Made in Italy ha più assi nella manica di qualsiasi altra nazione purché sia pronto in termini di gestione aziendale e di acquisizione delle nuove tecnologie coinvolte nel processo in atto.


Una cantina del Summit

 

Al Summit abbiamo degustato i vini di un piccolo produttore Terre di Montalto  e ciò che abbiamo trovato ci ha fatto capire l’importanza del lavoro di scouting di Joanna Miro. La cantina etnea si trova sul versante sud-ovest del vulcano, coltiva 6 ettari di vigneto nel territorio Biancavilla a 800-960 metri di altitudine. Metà dei vigneti possiede oltre 70 anni e il terreno ha una pendenza del 25% e pertanto le parcelle sono terrazzate. Parliamo di viticoltura eroica, di escursioni termiche, della concentrazione e struttura dei vini.

Abbiamo degustato due vini:

Etna Bianco DOC da uve carricante completate da catarratto 10%: un bianco floreale dotato di piacevole freschezza e sapidità (foto 2).
Etna Rosso DOC da uve nerello mascalese, nerello cappuccio e grenache: un vino fruttato e dalle ben delineate note minerali (foto 3).

 

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