12giu 2020
DEGUSTAZIONE DI LAMBRUSCO REGGIANO E COLLI DI SCANDIANO E CANOSSA 
Articolo di: Fabiano Guatteri

Il Lambrusco Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa (foro 1)è stato il tema di una videoconferenza organizzata dall’agenzia di comunicazione Fruitecom, che ha visto la partecipazione di Giacomo Savorini, direttore del Consorzio Tutela Vini del Lambrusco di Modena, di sei giovani produttori, e di Leonardo Romanelli, giornalista in qualità di moderatore-conduttore.
Sottolineiamo giovani produttori, con finalmente una rilevante presenza femminile, che rappresentano la nuova generazione imprenditoriale. Generazione che, pur rispettosa delle linee guida dei propri padri, mostra maggiore sensibilità rispetto ad alcune tematiche.
Dall’incontro ciò che è da subito emerso sono sia l’entusiasmo per la ricerca qualitativa al fine di ottenere un prodotto sempre più competitivo equiparabile alle etichette più reputate , sia la necessità di unificare i propri sforzi per essere maggiormente impattanti sul mercato.

 

Ma veniamo ai produttori presenti e ai vini proposti

 

Chiara Fantesini dell’Azienda Agricola Cantina Fantesini
“L’azienda nasce nel 1905 con nonno Dante quando la vite cresceva arrampicandosi sugli olmi. Noi proseguiamo sulle basi gettate dai nonni e dai e genitori, così da ottenere un prodotto genuino, poco elaborato da elementi chimici come solfiti”. Ciò però non significa rinunciare alla ricerca e all’innovazione tecnologica. Oggi i vigneti producono uve lambrusco marani, grasparossa, malbo gentile e spergola, tipiche del territorio. “La sgavetta” spiega Chiara Fantesini “è un vitigno che conferisce al Lambrusco una nota distintiva.  Abbiamo scelto di inserire nel nostro Gradisca Spumante Brut Lambrusco dell’Emilia Indicazione Geografica Tipica (foto 2) il 15% di quest’uva per completare il grasparossa allo scopo di ottenere un Lambrusco dal gusto classico, fruttato, morbido, ma con una nota speziata, leggermente tostata. La componente amara che è spiccata nel Lambrusco qui viene attenuata dalla sgavetta”. Stiamo pensando di produrre un Metodo Classico rosato utilizzando quest’uva. Gradisca nel calice evidenzia colore rosso rubino che vira al violaceo. Profuma di ciliegia matura, di ciliegia sotto spirito, con ricordi di cacao, di cannella e di pepe. In bocca è asciutto, teso, vibrante con vena fresca.

 

Alessandro Medici della Medici Ermete
Rappresenta la quinta generazione dell’Azienda che vanta 130 anni di attività e che esporta in 70 paesi del mondo. Concerto Lambrusco Reggiano Doc (foto 3), nasce con la vendemmia 1993, da un progetto che cominciò a delinearsi nel 1987 “periodo poco felice per il Lambrusco” spiega Medici “ perché godeva di bassa reputazione. La famiglia perciò decise degli allora 20 ettari, ora 80, di ripiantare il vigneto abbassando con le potature le rese di oltre il 35 per cento. Concerto nasce quindi dall’idea di un cru, un vigneto delimitato e selezionato”. Concerto è un Lambrusco prodotto con uve salamino in purezza, una delle varietà principali del Reggiano e tra le più bilanciate rispetto a zuccheri, acidità e tannino. Il vino riflette caratteristico colore rubino intenso, quasi cupo. Al naso è segnatamente fruttato in cui si riconoscono piccoli frutti estivi; in bocca l’impatto è morbido cui segue vena fresca; buona corrispondenza gusto-olfattiva e si ritrova pienamente il lampone.

 

Cecilia Lombardini per Cantine Lombardini Srl
Rappresenta la quarta generazione a maggioranza femminile dell’Azienda fondata nel 1925. “Noi giovani” spiega Cecilia Lombardini “stiamo lavorando molto per elevare la qualità dei vini”. La sua, come le altre, è un’azienda familiare che dimora tutt’ora nella sede originaria per cui nel cuore di Novellara, a 30 metri dalla piazza centrale. “L’Azienda” racconta Cecilia Lombardini “porta in sé la storia del paese: le etichette mantengono tradizione, con nomi legati ai nostri luoghi”. Al tempo stesso la quarta generazione ha portato, innovazioni produttive e con esse nuovi macchinari. Ora che è proiettata anche all’estero ha adottato un metodo di imbottigliamento che permette di prolungare la durata del Lambrusco che notoriamente va bevuto giovane.
Il Campanone Lambrusco Reggiano Doc (foto 4), deve il suo nome al Campanile della Rocca dei Gonzaga di Novellara, ed è commercializzato in una bottiglia dalla linea slanciata che ricorda quella renana, a tappo raso. E’ spumantizzato con il metodo Charmat e alla degustazione presenta colore rosso rubino brillante; al naso profuma di piccoli frutti quali ribes nero e mora. In bocca ancora frutta, sensazione morbida e finale fresco.

 

Mattia Medici per Cà de’ Medici
Mattia Medici rappresenta la quinta generazione. La fondazione dell’Azienda avvenne a fine Ottocento anche se il primo documento ufficiale risale al 1911. A Mattia Medici “piace l’iniziativa di portare avanti la tradizione e sono le stesse famiglie storiche che lo stanno facendo. L’Italia ha aziende vinicole secolari e non è da tutti”.
Lambrusco Grasparossa Doc Colli Scandiano Canossa Rosso "Remigio 100" (foto 5) mutua il nome da quello del capostipite, ed è stato prodotto per celebrare il centenario dell’Azienda. La bottiglia è una riproduzione di un esemplare del 1940 e l’etichetta è la scansione di un documento d’epoca. Mattia Medici spiega che Remigio 100 è prodotto unicamente con uve grasparossa ed è vinificato in monofermentazione, ossia le uve di lambrusco fermentano naturalmente da mosto a vino finito per poi essere imbottigliate così da ottenere un vino elegante con bollicine fini. Nel calice riflette colore rubino intenso; al naso si colgono marcati profumi varietali; in bocca è rotondo, vellutato con vena acida.

 

Alicia Lini per Lini910
Rappresenta la quarta generazione dell’Azienda fondata nel 1910. Alicia Lini ha cominciato la propria attività in azienda 15 anni or sono dopo studi all’estero e ciò che ha subito notato è la bassa reputazione di cui godeva il Lambrusco. “Vivevo da un lato l’orgoglio della storia della mia famiglia “ spiega Alicia Lini “dall’altro trovavo invece la chiusura dei mercati nei confronti del vino, non mi sentivo ccolta”. Però, tornando negli Stati Uniti si accorge che è in corso una grande svolta e trova un mercato con una mentalità molto aperta. “Il Lambrusco Rosso Reggiano DOP Labrusca (foto 6)" spiega Alicia Lini “è il prodotto base della Maison segnalato da Wine Spectator tra i cento migliori vini segnalati per il rapporto qualità-prezzo. L’etichetta fu disegnata su carta da pacco più di 60 anni fa da un amico di mio nonno e c’è ancora scritto imbottigliato per gli amici. E’ il nostro vino cult”. Nel calice presenta spuma fitta; colore rosso rubino con sfumature violacee. Profumo intensamente fruttato, frutta rossa estiva, mora di rovo, erbe officinali. Morbido all’ingresso, seguito da nota acida. Persistenza fresca, quasi amaricante.

 

Luca Callegari/Paola Rinaldini per Azienda Agricola Moro Rinaldini 
Paola Rinaldini, che prende il posto del figlio Luca Callegari impegnato sul campo, racconta la storia della sua cantina: “l’Azienda è stata fondata da mio padre che a Sant’Ilario d’Enza aveva un ristorante Il Moro, il quale negli ani Sessanta e Settanta godeva di grande reputazione. Alla fine degli anni sessanta acquista l’attuale azienda vinicola perché voleva prodotti a km zero per il suo ristorante, non solo vino ma anche frutta, verdura, carni. Nei primi anni 80 vende il ristorante per dedicarsi unicamente al vino”. Bollicine Charmat e Metodo Classico, vini sia rossi sia bianchi, vini fermi da uve lambrusco, affinamenti anche in legno, oltre che in cemento, vendemmie tardive… l’Azienda non si pone limiti. Il Vecchio Moro Lambrusco dell'Emilia Indicazione Geografica Tipica (foto 7) è una bottiglia nata nel 1996 per onorare il centenario della la nascita del nonno, soprannominato il Moro perché molto grosso, carnagione scura, naso grande. Il vino è spumantizzato con il metodo Charmat, imbottigliamento a freddo, ottenuto originariamente da uve grasparossa di vendemmia tardiva, ora parzialmente sostituite con uve Maestri che danno notevoli soddisfazioni, e sono più costanti negli anni. Attualmente il Maestri rappresenta il 60 per cento dell’uvaggio , con grasparossa al 25 per cento e ancellotta al 15 per cento. Nel calice riproduce spuma cremosa evanescente; possiede colore rosso rubino violaceo. Al naso è pieno, ricco con sentori fruttati, ricordi di prugna selvatica e nuance di carruba. In bocca si allarga ed è morbido, fresco di frutta selvatica, lievissima astringenza finale lungo e fruttato.

 

Superconsorzio

In alcuni interventi emerge come il percorso del Lambrusco sia stato in salita. Ricordiamoci che negli anni ottanta il Lambrusco era commercializzato anche in lattina e pertanto la credibilità di questo vino era a zero. Negli anni novanta i produttori più lungimiranti cominciarono a intraprendere la strada della qualità, ma è solo in un periodo più recente che il Lambrusco ha spiccato il volo. Ma perché la storia che ha da raccontare soprattutto nei mercati esteri, sia di facile lettura, occorre che il messaggio sia chiaro e univoco. La presenza di tante denominazioni, di più brand consortili, invece, rende confusa l’immagine, la percezione del

 

Lambrusco, mentre un solo Consorzio per un solo Lambrusco, pur sempre sfaccettato, gioverebbe alla chiarezza del messaggio.

A tal proposito Giacomo Savorini, in totale sintonia con questa esigenza, spiega che a fine giugno i produttori saranno chiamati a esprimersi in assemblee; Il Consorzio Lambrusco Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa, il Consorzio dei vini Lambrusco di Modena e il Consorzio di Tutela Vini del Reno, chiederanno ai produttori l’avvallo per dar vita a una fusone fra le due realtà e quindi delle Doc a partire dal prossimo anno. Questo darà centralità al Lambrusco e il lavoro dei produttori risulterà maggiormente condiviso e diretto in base alle iniziative di promozione che si attueranno. Per i giovani è un’esigenza, per gli altri è un passo storico, ma sono sempre i giovani a chiedersi perché questo passo non si sia fatto prima. 

 

Il direttore del Consorzio spiega inoltre che il Lambrusco, nel suo percorso in salita, vive la difficoltà dei vini che prendono il nome del vitigno. “Abbiamo bisogno di un Ministero che riconosca il Lambrusco come vino nazionale. Non è concepibile che l’Italia con un vino come il Lambrusco sia assente nelle tutela di questo prodotto. Ma questo è un problema che stiamo ponendo fortemente sul tavolo. Noi dobbiamo avere la forza di dire che il Lambrusco siamo noi. Il Lambrusco ha una diversità in quanto dispone di 13 vitigni , di zone diverse, e noi dobbiamo fare di questa diversità una ricchezza perché ci permette di andare incontro a tutti i gusti e perché non abbiamo concorrenti nel mondo. Non bisogna aver timore a rivendicare che il Lambrusco è un vino che beviamo e ci piace perché a volte è il vino più piacevole nel mondo femminile e nel mondo dei giovani.” Ed è questo un aspetto sostanziale. Il Lambrusco è quindi un solo vino con tante sfaccettature date non solo dai singoli terroir, ma anche dalle scelte delle cantine.

 

Unità, diversità
Tale ricchezza porta inevitabilmente a differenziazioni nella stilistica della vinificazione, nella selezione dei vitigni, nell’abbigliaggio della bottiglia, nella bottiglia stessa. Ma differenziazione nell’unità ed è la linea che viene espressa da tutti i produttori presenti. E vediamo per esempio Gradisca utilizzare la sgavetta che lo connota in modo unico; Concerto è prodotto da un cru di uve salamino; Il Campanone è un metodo Charmat commercializzato in una bottiglia stile renano con tappo raso; Remigio 100 nasce da una monofermentazione ed è commercializzato in una bottiglia che riproduce un esemplare degli anni quaranta; Labrusca ha un’etichetta che fu disegnata su carta da pacco più di sessant’anni fa; Il Vecchio Moro nella ricerca costante dell’uvaggio migliore ha abbandonato man mano le uve grasparossa per scegliere come vitigno base il Maestri che gli fornisce una diversa connotazione. Considerazioni che ci fanno pensare, senza voler proporre paragoni, a quanto succede altrove. A suggerircelo è Chiara Fantesini che utilizza la sgavetta, vitigno autoctono. Similmente in Franciacorta è stato ripresa l’uva erbamat che conferisce una nota caratteristica al vino e lo connota. Ma potremmo dire anche dei vitigni minori dello Champagne che analogamente entro breve, potranno qualificare e modificare alcune cuvée.

 

Abbbinabilità

Nel corso degli interventi tra le tematiche è emersa quella dell’abbinabilità, ossia il Lambrusco deve presentarsi come vino gastronomico, vale a dire da abbinare o come vino a sé. I produttori in merito sono in linea di massima concordi nel ritenere che l’abbinamento sia un tema importante per presentare il proprio vino soprattutto nel mercato estero. E’ vero che alcuni vini non hanno bisogno di essere proposti come vini da abbinare, ma hanno storie diverse. Per molti produttori il Lambrusco va raccontato per essere venduto, mentre lo Champagne ovviamente non ne ha bisogno perché ha già percorso questa strada. Anche se i puristi dissentono, non c’è bisogno di dire che lo Champagne si abbina alle ostriche. Ma nel caso del Lambrusco sì.

 

Chiara Fantesini ritiene che slegare il Lambrusco dal cibo sia una scelta estrema anche perché sono così tanti i piatti internazionali, etnci che richiedono un vino frizzante. E poi per Chiara Farnesini è irrinunciabile la convivialità nel condividere vino e cibo. 

 

Per Alessandro Medici per proporre il Lambrusco al di fuori del cibo ci vuole ancora tempo. “Negli ultimi 4-5 anni stiamo assistendo a un rinascimento del Lambrusco anche all’estero dove è scelto dalle nuove generazioni di sommelier.” All’estero il Lambrusco come extra cibo non è una strategia vincente. La maggior parte del consumo avviene al calice spesso nei ristoranti e negli wine bar in abbinamento al cibo.” Insistiamo sulla versatilità piuttosto.”  

 

Per Cecilia Lombardini bisogna enfatizzare l’eleganza del Lambrusco, e smetterla di sottolinearne il rapporto qualità prezzo. Lavorare sulla qualità per equipararlo ai vini più importanti. Ma centrando più il tema della abbinabilità “il Lambrusco è un vino da raccontare per la sua versatilità”.

 

Per Mattia Medici è possibile staccare il Lambrusco dal cibo. Ma è un aspetto secondario. Ciò che conta, all’estero non è solo portare il Lambrusco “ma lo stile di vita italiano, come l’aperitivo dove i giovani sono più ricettivi” in Asia come in America. E perché non sorseggiare il Lambrusco “magari con un cubetto di ghiaccio e una fetta di limone” (e non scandalizziamoci se gli Champagne Ice non ci hanno scandalizzato).

 

Alicia Lini non mai avuto paletti. Per penetrare il mercato bisogna sviluppare grande versatilità. “Il Lambrusco si può sicuramente bere senza abbinamenti, ma all’estero si comunica in modo molto food frendly wine, è un vino che la morte sua la trova nell’abbinamento con il cibo .” La bassa gradazione ne aumenta la versatilità. Entriamo il culture così tanto differenti che occorre interpretare il mercato stesso.

 

Anche Paola Rinaldini, sottolinea la versatilità: va da sé che si può bere con qualsiasi cibo, e con questo si risolve il problema. All’estero il messaggio legato all’abbinamento è fondamentale, l’abbinamento serve per promuovere il prodotto.

 

E forse negli anni bui del Lambrusco nessuno pensava agli abbinamenti. Chi beveva la lattina lo faceva a prescindere dal cibo. Chiara, Alessandro, Cecilia, Mattia, Alicia, Paola ci hanno spiegato che il Lambrusco oggi è un’altra storia.

 

 

Produzione e prezzi delle bottiglie degustate

 

Azienda Agricola Fantesini: 7 ettari di vigneto/ 1 ettaro di sgavetta/ 4.000 bottiglie di Gradisca /80.000 bottiglie in totale/4,5 euro franco cantina


Medici Ermete: 79 ettari/ 800.000 bottiglie totali/ Concerto 5 euro+Iva franco cantina 150.000 bottiglie/ 10 milioni di bottiglie di imbottigliato


Lombardini: 850.000 bottiglie/ Campanone: 350.000 4,70 euro Iva inclusa


Ca’ de’ Medici: Remigio 20.000 bottiglie / 8-8,50 euro in enoteca/2 milioni bottiglie

Lini Oreste: 300.000 bottiglie, 150.000 Linea Labrusca, 5 euro franco cantina


Rinaldini: Vecchio Moro 40.000 totale 100.000 bottiglie 5,50 euro + Iva

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Photo 8 : Dirk Wohlrabe da Pixabay
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